Sette parole per una rivoluzione “Tu nun sì razzist, tu sì strunz”.

“Tu nun sì razzist, tu sì strunz”.

Sette parole. Solo sette parole per dire quello che intellettuali, professori, psicologi e sociologi provano a dire da anni con miliardi di vocaboli in migliaia di libri. Bisognerebbe fargli una statua alla signora della circumvesuviana, anzi doje: una per il coraggio di essersi fatta sentire quando quelli attuorno facevano finta che ‘o cazz nun er ‘o lor, e un’altra per quelle sette parole messe in fila, che sono rivoluzionarie.

Pecchè è accussì. Sentirsi migliore, superiore agli altri solo per il colore della pelle o per la nazionalità denota pochezza neuronale, è pe chest sì strunz. Sentirsi padrone di casa senza dare il buon esempio, senza essere ospitale è una richiesta di rispetto senza rispettare. E, o sann pur ‘e criatur, quando fai così hai l’effetto contrario.    È pe chest sì strunz.

 

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Che poi noi Napoletani siamo conosciuti nel mondo per la nostra ospitalità, ma che cazz ce stà succerenn?                      Solo per fare un esempio, da noi gli omosessuali, i transgender, fanno parte della cultura popolare da secoli, quando in tutto il mondo venivano demonizzati ed emarginati. Per noi il “femminiello” era ed è di casa, trattato con rispetto e mai giudicato per le sue scelte di vita. Da noi sono passati gli Arabi, e Frances, e Spagnuol, e ‘mericani e siamo andati d’accordo con tutti e addirittura abbiamo attinto alla loro lingua per arricchire la nostra. Se oggi siamo così, straordinariamente diversi dagli altri, è anche per questa nostra naturale propensione all’apertura nei confronti di tutti. Si riuscimm a metter tenda, ad integrarci, in qualsiasi posto del mondo andiamo, è grazie pure a questo.

Arrubbiamoci quindi le parole della signora, senza nessuna paura, e se ci troviamo davanti a una scena simile a quella a cui ha assistito lei, aizzamm a voce e allucchiamo pure noi le sette parole rivoluzionarie                              “TU NUN SÌ RAZZIST, TU SÌ STRUNZ!”.

Terra mia

Stamattina stavo discutendo con Gennaro, un mio amico, dell’idea del Governo di dare la terra a chi fa il terzo figlio. Gli ho detto “Gennà! Tu tieni già 2 figli e non fatichi.  Fallo il terzo no? Così diventi agricoltore, inizi a lavorare e poi ci porti pure i friarielli e le mulignane per fare la parmiggiana”. Gennaro ci ha pensato sù e poi mi ha detto “Nun è na strunzat, eh! Però la terra la voglio ai Camaldoli, così poi mi faccio pure una bella villetta abusiva, aspetto il prossimo condono, divento ricco e dopo manco ti saluto più, pezzente!”. Mah! È ricco in prospettiva è già mi sta sulle palle, sto Gennaro.

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Comunque, Gennaro a parte, l’idea non è tanto male. Solo che arriva tardi per me: 3 figli già li tengo e il mio dovere l’ho fatto. Ora, pe fà na cosa corretta, non dico un appartamento al Vomero o a Chiaia, ma un quartino a Materdei dovrebbero darmelo. Io poi lo affitto a nero a una decina di Cinesi e quello che guadambio lo spendo e così faccio girare l’economia. Afammocc!

Però è nu peccat, anche per i miei genitori che di figli ne hanno fatti nove: se c’era sto Governo all’epoca noi a quest’ora eravamo ricchi, sai quanti ettari di terra ci toccavano? Minimo dovevano darci il Molise intero, poi magari trovavamo tra i nostri antenati qualche nobile e, chissà, forse ora potevo essere un Barone o un Conte ( È solo un’omonimia col premier, eh!) e tenevo pure io le palle sullo stemma.

Mo chi ‘o sap comm và a furnì, ma pe’ trament potevano fare qualcosa in piú e pure velocemente: la gente non fa i figli perchè costano troppo, non ci sono i nidi, gli assegni familiari sono una fame e soprattutto perchè per tirare avanti devi fare sei lavori, precari, in due e pure i nonni che una volta ti davano un aiuto ora non possono più pecchè anche loro tengono un sacco di problemi.

Vabbè, in attesa di capire come finisce, il mio consiglio è r’accumincià ‘a verè n’gopp ad Amazon quanto costano le zappe ed i trattori e vedere se Salvatore Aranzulla ha già fatto un tutorial su come posporre il canto del gallo alle 5 di mattina.

#terzofiglio #Governodelcambiamento

 

 

 

Ue mò?

Sono giorni ca ce penz: ma è la commissione Europea che ha bocciato la manovra senza manco leggerla pe dispiett o è il governo che l’ha scritta così proprio per farsela bocciare? Sta di fatto che per i cagacazzi di Bruxelles accussì nun va bon, non gli piace e hanno detto “L’ata cagnà”. E ci hanno dato pure una scadenza! Tre semman! Ma stann for? Ma lo sanno che noi Italiani abbiamo i nostri tempi? Nuje int a tre semman non riusciamo a fare neanche il cambio di stagione e questi vogliono una finanziaria nuova?

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Comunque Giggino e Matteo, che si sono apparati dopo la discussione sulla manella, si sono impuntati e hanno risposto “Ma pecchè a vuliv’n scrivere voi? A noi ci piace assai e non abbiamo intenzione di cagnare manco una virgola”. Conte addirittura se araput ancor cchiù assai e ha dichiarato “Sta manovra è tropp bell, sit vuje a Bruxelles ca nun capit niente” e poi se ne è andato da Putin in Russia. Io un po’ gli do ragione perchè una città che come piatto tipico tiene i cavoletti comm fà a giudicà agli altri?

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Nel frattempo, miez a tutt stu burdell, lo spread è arrivato a 320 ( Ma mi ha detto mio cognato che se vai alla Duchesca ci sta qualcuno che te lo da pure a 200 ma senza garanzia europea) e i mercati sono in fibrillazione: pure Tria, ‘o Ministro non so di cosa, è preoccupato ed ha detto alla moglie “Nennè! Se lo spread arriva a 400 tu pigli i ragazzi e te ne vai un poco da tua mamma ad Avellino fino a quando non si calmano le acque”.

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Il Mini Stro Tria

Ma il fatto più bello lo ha fatto un leghista, un parlamentare europeo. Mi ha detto mio nipote che guarda i telegiornali su Sky che questo leghista si è levata una scarpa e l’ha messa sulla risposta, la bocciatura, di Moscovici alla manovra e questo lo ha chiamato fascista ma secondo me ha sbagliato: pe me uno che fa una cosa del genere non è fascista ne comunista ne populista e ne elittista, è sul nu strunz senza na scarpa.

Io spero comunque che tutto si risolva presto, che fanno pace e tutto finisce a taralucci e vino come le altre volte. Anche perchè su questa manovra ci abbiamo messo il pensiero tutti a casa: la nonna che vuole l’aumento della minima, mia moglie che vò ì in penzione con la quota 100, mio figlio che sta gia penzann comm po’ spennere ‘e sord do reddit e cittadinanza e io che stò aspettann l’approvazione definitiva della pace fiscale per far fare una sola lampa a tutte le cartelle di Equitalia.

La manella

“Chill ten e man long” si dice, generalmente, di chi ha la tendenza ad impossessarsi delle cose altrui. Non proprio un mariuolo ma uno che, se capita, non si fa sfuggire l’occasione di appropriarsi di un bene non suo.

Con il decreto fiscale, invece, è succies ‘o cuntrario: qualcuno con la mano corta ha inserito, all’intrasatto e senza farsene addonare, un articolo che trasformava quella che doveva essere una pace fiscale, nu miez cundon, in una sanatoria di Berlusconiana memoria. Stà di fatto che Giggino se ne è addonato, forse tardi, ed è juto da Bruno Vespa a fa ‘o burdell: vulev denuncià a tutti quanti pecchè iss a sta cosa ce teneva e nun vulev fa’ brutti figur coi suoi elettori.

Salvini ha poi detto che Giggino era presente quando hanno deciso quella cosa e che forse si era distratto n’attimino e nun avev capit manc ‘o cazz. Giggino si è un poco offeso in verità, e insiste col dire che la manella malandrina c’è stata e che adesso vuole chiarire.

Comunque, comm è jut e comm è venut, sono rimasti che Sabato si incontrano e sistemano la cosa anche perchè quelli del Piddì stanno scialando su sta cosa, gli stanno pariando addosso, e a Giggino stu fatt gli è rimasto n’gann e se vò levà e schiaff a faccia e, Screenshot_2018-10-20-03-27-33-1pe stà tranquillo e a scanso di equivoci, ha scritto sul gruppo whatsapp del Governo i modi in cui lui potrebbe dire “Fermi con le mani” nella sua lingua madre: Ciuncat ‘e man, ca quant è ver ‘a Maronn ve spezz e det e ve faccij sunà ‘e citofon co nas!”

Mano avvisata, dita salvate.